domenica 26 febbraio 2012
domenica 12 febbraio 2012
giovedì 8 dicembre 2011
venerdì 23 settembre 2011
Cambiare paesaggio interiore
A Dundee, in Scozia, sono stati abbattuti quattro grandi palazzi, neppure troppo malvagi per gli standard italiani.
Certo, ci vuole un certo coraggio, e ci saranno state polemiche, discussioni. C'erano 600 appartamenti!
In rete ci sono molti video, ne ho visti diversi, ma questo è il più bello di tutti. (vedi link)
Si sentono i gabbiani, la ripresa è stata fatta da una camera di una casa, il suono è chiaro.
Questa persona che ha girato il video, per anni avrà visto accendersi e spegnersi le luci in quei palazzi. Magari con una "cup of tea" fra le mani. Ora la linea del paesaggio è pulita, ma qualche voltà ricorderà il concerto di piccole luci accendersi e spegnersi all'alba e al tramonto, e di notte di quelli che non riescono a dormire.
Come ognuno di noi, avrà percezione del confine del tempo nel proprio luogo e la data sarà scolpita. 23 settembre.
venerdì 26 agosto 2011
Vanguard 1996 - 2011
Roma - Ferragosto 2011
martedì 23 agosto 2011
In ogni foto, anche se realizzata in contesti lontani, o differenti, vedo momenti della mia infanzia. Mi piace e in un certo senso cerco la luce che “c'era”, come la ricordo, e trovo e ritrovo in molti ambienti i miei anni, alcuni ricordi e posso trasmettergli in quel piccolo istante dove senti la sensazione di viaggiare nel tempo, come un dejavù e poter provare un'altra volta dei sentimenti che sono rimasti lì e far di quel momento uno scatto magico."
'Mi nombre es Mariana. Mariana Padin. Soy argentina, de Buenos Aires… desde hace dos años vivo en Italia. Viví en Milano y ahora en Roma.
Soy productora de moda. Me apasiona tomar fotos de lugares o personas como las veo, imagino o me gustarían que fuese. Cada cosa cambia a traves de mi mirada. Me gusta jugar con los colores, tiendo a fantasear, imagino… Tomar una foto es más creativo de lo que pueda imaginar en el momento.
En cada foto, aunque sean realizadas en contextos lejanos, o diferentes, veo momentos de mi infanzia. Me gusta y en un cierto sentido busco la luz que "había", como la recuerdo, y encuentro y vuelvo a encontrar en muchos ambientes mis años, algunos recuerdos, que puedo transmitirlos en ese pequeño momento donde siento la sensación de viajar en el tiempo, cual dejavú, y poder probar una vez más sentimientos que quedaron ahí y hacer de ese momento un clic mágico'.
Ni siquiera me había dado cuento del "reconocimiento fotográfico" de Mariana. Silenciosa como es, pensaba que estaba "jugando" por su lado.
Apoya su mirada sobre las cosas en un modo suave, simple, Mariana.
De instinto, pero sin juzgar ni exagerar cada cosa parece ordenada, y el caos del lugar donde vivo y trabajo me parece repentinamente aceptable, casi lindo.
Es muy cierto, ver con los ojos de otro que se conoce poco puede regalar un poco de conocimiento…
Tra esterica ed etica, circa l'opera e il pensiero di Benedetto Simonelli
Tra estetica ed etica circa l'opera ed il pensiero di Benedetto Simonelli
Proiezione del corto "Questa è una storia vera - su una collina a nord-est di Roma. 1989"
di Serafino Amato
16 mm riversato in digitale - 5 min. ca. (muto)
note su: Questa è una storia vera - documento video
Poche note relative a “Segnavia” mostra da me realizzata nel 1989 a Roma. “Dark Camera”
L’immagine vibrante del cartello che appare in testa al filmato: “Su una collina a nord est di Roma”, che sono poi le colline attraversate per anni da Benedetto. Quel titolo del breve video originato da una pellicola 16 mm realizzato nel 1989, in gennaio, (mai, me lo sarei ricordato), rimanda ad un tempo distante. Un tempo fisico, una data che ricorda un’era quasi spaziale. Quella della scoperta dei confini. Si sono spostati i confini, al momento solcano mari e scavallano palizzate.
Ripercorrere un sentiero dopo ventidue anni obbliga a molte e opposte riflessioni, sul piano fisico e sul piano emotivo. A trent’anni si è forti nell’affermare, dopo i cinquanta forte è dubbio ma ancora salda la presa sulle cose, basterà attendere pochi anni che le poche residue certezze saranno speranze.
Lo zaino che attraversa il bosco sulle spalle di Benedetto conteneva forse un’ascia, della carta, una borraccia con dell’acqua, un libro, fasce di stoffa, poco cibo, di sicuro delle olive. La cosa mi sembra molto importante in questo momento. Nello zaino c’erano poche povere cose, l’essenziale per il viaggio, per un qualsiasi tipo di viaggio.
Benedetto lo dice con poche brevi frasi. L’essenza del percorso è il volo. “Esco di casa senza avere deciso nulla di definitivo, ma quando l’intuizione dell’istante rivela dal vuoto i miei passi, allora il viaggio si snoda magicamente verso il sentiero, sospeso ad un arco di tempo che è volo”.
Quel volo per me è come sogno. Il sogno del volo. Sognare di volare era il sogno ricorrente, il più atteso. Ho sognato di volare infinite volte, ma negli anni sempre con maggiore fatica. Come se una zavorra impedisse al sognatore di librarsi. Nel sogno stesso ricordo quanto ero capace di librarmi, fino ad arrivare al firmamento, una volta fino a dove la luce si era rarefatta e potevo galleggiare in uno spazio dal colore azzurro cupo.
Potrei raccontare dopo ventidue anni le motivazioni di quel viaggio, di quel lavoro? No. Semplicemente perché non mi ricordo più quasi nulla del motivo. Ci si dimentica dei motivi delle cose. Ci si ricorda al più gli odori o le energie disperse. Rimane però il tempo per guardare quello che si è fatto come uno spettatore sorpreso di quanta strada fatta.
lunedì 22 agosto 2011
domenica 21 agosto 2011
venerdì 12 agosto 2011
Biografie in forma di una canzone/Serafino Amato e William Pettit
William Pettit, Una biografia a forma di canzone
di Serafino Amato
Può un uomo giovane ma non troppo giovane essere un “anarchico”?
Ci sono 2000 metri quadrati in un pezzo di Sabina dove un uomo ha costruito la sua casa.
Può un uomo giovane ma non troppo giovane, forse “anarchico”, ma perché poi mai dovrebbe
esserlo, che ha costruito la sua casa in un pezzo di Sabina collinosa, e che a cinquanta metri
dalla sua casa ha messo su un capanno pieno di spifferi che può offrire una precaria ospitalità,
e che se non fosse per la presenza di un computer verrebbe da dire: "questa è la casa di un
boscaiolo"... rilassarsi al ronzio delle mosche d’estate?
Può un uomo di quasi mezza età con figli biondi, biondi come lui, che sembrano irlandesi,
spendere il suo tempo in una casa in mezzo alla campagna, assieme a sua moglie, che alta e
bruna, per ogni spostamento, di gran corsa, imbocca la strada in salita e poi in discesa alzando
un polverone, tutte le volte tranne quando piove?
Può un uomo che ha costruito la sua capanna a cinquanta metri dalla casa e sulla porta ci ha
fatto un disegno e sulla parete pure e all'interno ha scatole ovunque piene di ferraglia di tutti i
tipi come fosse un ferraiolo... raccontare un pezzo del suo mondo lontano?
E' “anarchico”? Ma che ne so, è poco importante.
Ama la natura? Forse.
Scappa da qualcosa? Può essere.
E' americano? Sicuro! E' americano.
Ma se anche Aleksandr Solgenitsin che non era americano aveva costruito la sua casa in un
bosco del Vermont e l'aveva circondata di alti muri?
Bill non ha costruito muri attorno alla sua casa, e la capanna è senza serratura.
Che ci fa nella capanna questo uomo americano, biondo con due figli e una moglie, in
compagnia di due cani?...E quello bianco sbrana pure le pecore del vicino, …che se non gli dà
una controllata glielo fanno pure fuori…
Quest'uomo è un pittore, di quel tipo di pittori che mette una linea dietro l'altra, di colori
diversi fino a fare un microsolco, come quelli di un vecchio vinile, che si incanta, che incanta.
Eppure è giovane, ma forse l'ossessione è dell'arte più che dell'età.
Disegna bistecche, ossobuchi.
Può quest'uomo, il cane del quale spolpa le pecore del vicino rischiando anche la coda, questo
biondo americano che anche lui porta una coda di cavallo e ogni venerdì va in una trattoria a
mangiare una bistecca di tre dita come farebbe nel Wyoming e che una volta digerita finirà
pure per dipingere, pensare di passare per sempre inosservato?(Serafino Amato)
William Pettit, A Biography in the Form of a Song
by Serafino Amato
Can a young man, but not so young, be an anarchist?
There are 2000 square meters in a part of the Sabina where a man has built his home.
Can a man--- young but not so young, anarchist perhaps, but why should he be, who built his house on a piece of the hilly Sabina, and who at fifty meters from his house has a leaky shack (full of drafts) that can offer precarious hospitality, and if not for the presence of a computer one would say “This is the shack of a woodsman”— relax to the buzz of summer insects?
Can a man almost middle-aged, with blonde children, blonde like him who seems Irish, pass all his time in a house in the middle of the country, with a wife who is tall and dark, who for every movement, with great speed, take the road uphill and then downhill causing a cloud of dust except when it rains?
Can a man-- who built his shack fifty meters from his house and on the door has made a drawing, and on the walls, and inside has boxes of metal scraps of every kind as if he were a blacksmith—tell the story of a far way world?
Is he an anarchist? What do I know, it is of little importance.
Does he love nature? Maybe.
Is he escaping something? Perhaps.
Is he American? Yes, he is!
But if even Aleksandr Solzhenitsyn who was not American, built his home in the woods of Vermont and built high walls around it?
Bill didn’t build any walls around his house, his shack has not locks.
What does this man do in the shack---American, with two children, a wife, the company of two dogs, the white one who attacks the neighbors sheep…and if he isn’t careful will kill them?
This man is a painter, the kind of painter that puts one line after another, of different colors, until he makes an incision, like those on vinyl records.
Yet he is young. Perhaps it is an obsession with art more than with age.
He paints steaks, ossobuco.
Can this man---whose dog eats the neighbors sheep, risking its life, this American who also has a ponytail and who every Friday goes to the same restaurant to eat a big steak like they do in Wyoming, and who, after digesting, goes to paint,--- think he can pass unnoticed?
(Serafino Amato)
Serafino Amato, A Biography in the Form of a Song
by William Pettit
Can a man—a mature man, a measured man, an established and respected photographer, teacher, writer, filmmaker, father-- be an anarchist?
This man rides a bicycle, so he breaks his foot. He drives slowly, so he wrecks his car. He collects things just to give them away. He has two homes, so he becomes homeless. He cannot sleep, so he dreams when he’s awake.
Can a man of a certain age and culture actually listen?
This is a man who has undone age and unblinded culture, who listens with his eyes and his interiors. This man is a seer.
Serafino, by name and definition, is an angel; one who gives light and clarity, one who burns with giving.
This man is an artist. That is his giving.
Serafino is a generous friend, an obsessive photographer and a humble poet.
His work touches the fragility and persistence of life on a cosmic scale, a reciprocal continuum of energy, empathy, entropy. Or perhaps we are meant to look at the reeds and hear the flutes.
He creates place out of space, an infinite moment between infinite echoes.
The result lives among us, in its pure form, without regret or apology, as a gift.
(William Pettit)
Serafino Amato. Una biografia a forma di canzone
di William Pettit
Può un uomo – un uomo maturo, un uomo misurato, un affermato e rispettato fotografo, insegnante, scrittore, regista e padre - essere un anarchico?
Questo uomo va in bicicletta e finisce per rompersi una gamba. Guida con prudenza e distrugge la sua macchina. Colleziona cose solo per darle via. Ha due case e finisce per diventare un senzatetto. Non dorme e inizia a sognare mentre è sveglio.
Può un uomo di una certa età e cultura essere capace di ascolto?
Questo uomo ha disfatto gli anni e di ignota cultura, ascolta con i suoi occhi e le sue interiora. Questo uomo è un veggente.
Serafino di nome e definizione è un angelo; quello che da luce e chiarezza, uno che arde con charità. Quest’uomo è un artista. E’ questo il suo dare.
Serafino è un amico generoso, un fotografo ossessivo e un poeta umile.
Il suo lavoro tocca la fragilità e persistenza della vita in scala cosmica, un continuo di energia rociproca, empatia, entropia. O forse dovremmo solo guardare le canne e sentire i flauti.
Lui crea luogo dallo spazio, un momento infinito tra infiniti echi
Il risultato vive tra noi, nella sua forma pura, senza rimorso o apologia. Un dono.
(William Pettit)venerdì 1 aprile 2011
Quattro pezzi facili - Four easy pieces
testo di Yvonne Dohna
On hearing Bill Pettit's and Serafino Amato's description of this
project, I immediately wondered whether the public would be able not
only to experience the individual works, but also to get a glimpse
into the particular comradeship between the two artists. I was quickly
fascinated by this artistic brotherhood, initiated recently by chance,
between two such distinct personalities, nurtured by mutual sympathy
and the desire to communicate their poetry.
It's astonishing to list the range of media in which they express
themselves expertly: painting, drawing, photography, video, theater,
poetry, fiction, music. It's not only that they erase distinctions
between figuration and abstraction--by now a common enough attitude in
art--or that they happily blur the confines between art and life, and
the confines between "high" and "low" idioms. Really they are like
those lucky people for whom our usual distinctions between English and
French and Italian simply don't exist: there exists instead just one
big meta-language, and therefore problems of translation and
interpretation are likewise non-existent. They are not conceptual
artists who one day execute a work in neon and the next day one in
fiberglass, relying upon expert artisans to worry about the technical
details. No, they do their own eclectic work, in a spirit of
craftsmanship, self-reliance, resourcefulness, anti-heroism and
anti-virtuosity. Both are attentive to the details of their own lives,
which they cite with unembarassed feeling. This gives a nearly
domestic dimension to their works, and serves at the same time as a
kind of implicit criticism of the empty "professionalism" of the
current art world. Both artists have the strength of faith in their
own artistic sensibilities in whatever idiom they confront.
In Bill's description, Serafino emerges as a kind of sly and
undefinable chameleon, and a font of flowing creativity. Serafino
cultivates an impression of relaxation and elegant casualness. His art
reflects his seraphic smile; he is an artist of the light touch. Yet
Sturm und Drang are part of his artistic heritage: his works are often
composed and inspired by scenes from avant-garde theatre, as Serafino
says, a sort of „performance art, gli spettacoli erano "opere totali"
La voce era quasi "bandita" e il testo era una emanazione del corpo
dell'attore. Suoni più che parole, una sorta di "mantra" talvolta.
Improvvisazione ma anche esercizio di pratiche talvolta più vicine
allo yoga. Le esperienze di Julian Beck e del Living Teathre e nel
campo della performance sonora John Cage, avevano fortemente
influenzato le persone da cui "ero a bottega" per imparare“.
In a typically delicate work of Serafino's (”..infatti è proprio
questo andare dove gli altri non vanno….”), we see a little bird on
the sand trying to escape from the frame of the photo; the bird is a
little out of focus, as if simultaneously still there and yet already
flown off. Life is there, before us in that moment and in the moment
after.
Serafino tells stories. He distinguishes between exterior and interior
events, and speaks about the “discrete” versus the “indiscrete” look,
that is, examining the world more deeply, without however abandoning
reality. (An example: the man with closed eyes). The paradox of
photography is that while it manifestly records exclusively what is
physically real, in the hands of a master photography ends up
representing the metaphysical, the world of dreams, memories, desires.
The artist comments: „Fotografo quello che c'è e ne riconosco la
debolezza e la fragilità davanti alla forza della mutazione delle
cose“.
In Serafino`s words „ Davanti alla natura sei sempre di fronte al più
grande "Testo" che sia mai stato possibile leggere...o forse vedere. „
InTerzo racconto a vegetali (April 2002) we hear the wind in the
grass: „La natura è per me il viaggio infinito. La ripetizione
infinita, che infinita non è, e nemmeno ripetizione poi, semmai
combinazione di variabili infinite sullo stesso tema. Sono interessato
alle variabili di uno stesso tema e al gioco della casualità come
elemento di permanenza realtiva nel luogo. “ Looking at the grass, we
hear the lullaby “Guten Abend, gute Nacht” played by a child, unsure,
insecure and disturbed by little mistakes. We feel a connection
between nature and cruel human reality. “Un ondata in inverno li
trascinerà via” we read at the end of the film, when the flute is
substituted by drums and the grass is filmed in painful close-up. We
are made to experience a mixture of comfortable and uncomfortable
emotions and are forced to acknowledge the infinitely contradictory
aspects of the reality we inhabit.
Painter, photographer, video artist, poet, musician, Bill Pettit
explores tensions and connections between the earthy and the sublime,
pain and joy, the self and the other, city and country. In The
Marriage of Heaven and Hell we feel that the long abstract lines are
in the midst of a battle. The forms smash into each other and
interpenetrate, in the end creating a fluid continuum. The elements
seem to belong to a perfectly organized and articulated world which is
at the same time deeply unstable. It is a battle of energy which
becomes physically visible.
With the "steak" paintings we pass from the non-objective to an
explicit realism, which, however, suggests elements of allegory and
symbolism. The paintings are crude and direct. Bill says: “It needs to
be a surprise, a shock“ to become real. Flesh is a part of our life
and contains a deep truth of our lives. Bill writes “Consumption as a
spiritual act. Physical consumption—eating and kissing—are as close
to the sublime essence of art and poetry as anything else. And they
are also as close to the biological reduction of existence: to survive
and reproduce, as anything else." For Bill, the meat closes the cycle.
It sacrifice gives not just fuel but ecstasy.
Meat requires no philosophical explication; it simply says "eat me,
taste me, I will give you sustenance!" One could similarly say that
the art of this exhibition only asks to be looked and experienced, in
sympathy. "I make paintings and poems like I would write a love
letter“ writes Bill. “I am here wishing, regretting, wanting to…...
but resisting, for a you.“ Both artists reach out to us in a generous
embrace. Their poetic freedom induces in us a parallel sense of
liberation, of flying far away from everyday limits.
Serafino Amato – William Pettit
Quattro pezzi facili – Four easy pieces
Tuscania, 16 aprile 2011 – dalle ore 16 alle ore 20
Dark Camera – I magazzini della Lupa - Via della lupa 10 - tel. 0741 443239
www. i magazzini della lupa.it
Serafino e Bill si conoscono da poco tempo. Un incontro casuale, come ne avvengono per strada e come ne avvengono, inevitabilmente, per le strade dell’arte. Non credono, in fondo, di avere molto in comune. Sono diversissimi per aspetto, età, cultura. Uno italiano e l’altro americano. Uno ha più di cinquant’anni l’altro nemmeno quaranta. Uno alto e magro, l’altro meno. Eppure qualcosa li unisce. In questo tratto di strada direbbe Serafino, che da sempre è affascinato dal “percorso” … chi cammina veloce raggiunge chi sta già sullo stesso sentiero, ma chi per primo aveva intrapreso il viaggio?
Una mostra realizzata più di venti anni fa, esposta proprio a Dark Camera - Roma, da Marcello Sambati, aveva per titolo proprio “Segnavia”. Un uomo viene ripreso mentre cammina nel bosco, ha uno zaino sulle spalle. Un evidente reminescenza Heideggeriana.
Bill e’ nostalgico. Un ex patriota. Il suo percorso è fisico. Come uno straniero attraversa il tempo, il ricordo, riciclando il passato e l'immaginario insieme a tracce, a foto, a cartacce attaccate al muro. Il suo linguaggio è ciclico, anche. Scrive la stessa poesia, canta la stessa canzone, dipinge lo stesso quadro da sempre e non c’e’ differenza fra queste cose. …Tonalità e poemi, una lunga marcia versa casa, prima spinge e poi arretra muovendosi attraverso la leggerezza del tempo.
La mostra è accompagnata da un testo di Yvonne Dohna, Storico e critico d’arte.
Serafino and Bill have known each other for a short period of time. It was a casual meeting, like those that happen on the street, and like those that happen, inevitably, on the streets of Art. They don’t really have much in common. They are different in appearance, age, and culture. One is Italian and one is American. One is more than fifty, the other not yet 40. One is tall and thin, the other perhaps less so. But something brings them together.
“On this stretch of road,” writes Serafino, who has always been interested in the road and the path, “he who walks quickly reaches he who is already on the same path… but who first undertook the journey?” An exhibition of twenty years ago, shown at Marcello Sambati’s Dark Camera in Rome, was in fact titled “Segnavia” (Wegmarke). A man is filmed as he walks in the woods, he wears a backpack. An obvious reference to Heidegger.
Bill is on a similar path, perhaps more nostalgic. His journey is physical, as an ex-patriot, and temporal, through recollection and recycling the past, even if imaginary, parallel to the traces in snapshots and scraps pinned to the wall. His language too is cyclical: he writes the same poems, sings the same songs, paints the same pictures again and again, and there is no distinction between them. “Tones and poems, the long walk home, pushing, receding, moving through the lightness of time”.
The exhibition is accompanied with a text by Yvonne Dohna, art historian and critic.
Video di Serafino Amato
1980 - “DNA code”, già “Paesi Socialisti”, Super 8, 3:20 min
1989 - “Questa è una storia vera”. Su una collina a nord est di Roma. Con Benedetto Simonelli,
2003 - “Ascesi”, con Edoardo Albinati, 12 min16mm, 2:30 min;
2008 - "Ecatombe - I girini della storia" con Lorenzo Pavolini - 14 min
2010 - “Bill Looking” con William Pettit . 3 min (musica di William Pettit)
Videos By William Pettit
Moving, by William Pettit, Video, 4 min., 2010. Music: “Moving,” by Self Fantasy, 2010.
Moving and resting, being here or there, past, present, future, just walk towards it.
Dreaming, by William Pettit, Video, 3 min., 2011. Music: “Fireworks” by Self Fantasy, 2011.
Flashes of loss, a kiss makes fireworks, bright and fleeting, dreams are what was and what will be.
Waiting, by William Pettit, Video, 3 min., 2011. Music: “Seeds” by Self Fantasy, 2010.
Time exists between two heartbeats, the rain, the slow, the stranded, the waiting.
Missing, by William Pettit, video, 2:30 min., 2011. Music: “Albany” by Self Fantasy, 2011.
An imaginary journey excavated from past and future memory, within the confines of a solitary space.
giovedì 10 marzo 2011
Men at work.
lunedì 7 marzo 2011
Spoleto, deposito di legna
Come fra gli scaffali del supermercato... scegli sempre gli stessi biscotti.
Vecchie tecniche come vecchie abitudini?
E' che il posto non è mai lo stesso quando ogni cosa è spostata, trasportata, modificata.
Tronchetti di legna tagliata. Quaranta centimetri di lunghezza per ogni pezzo.
Il gioco è sempre lo stesso, come quello sulla sabbia della spiaggia.
Infinite combinazioni andate perdute per una sola che permane.
C'è un odore che mi ritorna su per le narici quando penso al mare grosso d'inverno giù in Sicilia.
Non che sia importante, ma mi viene da pensare che il mare non sia più lo stesso se quell'odore non mi è più capitato di sentirlo.
Basterà tornare in Sicilia, in inverno, in una giornata senza sole, anche un po' cupa, per sentire di nuovo l'odore del sale di un mare senza sole?
domenica 6 febbraio 2011
le nuove forme
Ma se dicessi: "Proseguirò questo lavoro", (che poi nessuno mi ha richiesto) e continuassi a fotografare l'offensiva "nuvola" di Fuksas in costruzione farei ancora un altro errore.. Perchè trovare uno spazio di buonsenso in questa "geometria urbana" riesce assai difficile.
Mi dispiace, di sicuro potevano venir fuori ancora molte belle foto.
venerdì 4 febbraio 2011
La cosa più banale. E i muri.
martedì 11 gennaio 2011
giovedì 23 dicembre 2010
sabato 27 novembre 2010
sabato 28 agosto 2010
Clara Peters - interview - part 2
I would say that autobiography sometimes is the starting point, but during the construction of the work, everything becomes diluted and transformed into something that is no longer recognizable. Sometimes the starting point disappears even to me over the years of composition, so that something that was once a representation of a particular experience in my life becomes a shared experience. At the end of the process, one forgets the reason of the original inspiration. It’s like when you travel, at the end of the trip, the first train you took holds a new significance and you see yourself as a traveler in a new light, sometimes you look back at yourself with a certain sympathy, all of your original concerns, uncertainties… at all the useless things you carried. My most private and autobiographical work, I would say, is Pallido Pallido… where I started searching, where thoughts casually arrive… everyone would really like, when thinking of someone, for their thoughts to arrive precisely at the desired destination, however, as everyone experiences, even if I believe in the existence of the “materia” of thoughts, rarely do the thoughts arrive at our desired destinations, rather they decide their own path.
That’s true. When you compose a work, when you create a story, when you imagine the construction of something that is a story, normally you search within your own personal experience: the stories of your family, friends, and often stories that you’ve heard in every day life, and all of the chances that life offers. Life gives us infinite opportunities to be amazed. Up until a few years ago, I usually wrote short stories as a sort of caption for my photographs, I think we’ve already discussed this no? but in the past few years I’ve been focusing more on writing romance novels, and it is a new experience, in which I use a visually descriptive language.
When I tell stories, they can be, descriptions of real things or, at times, they are invented within my imagination, but in both cases, I write the stories using the same approach. I need to see precisely what I am writing about. This is not really a screenplay, I need to see the place, the light, the single jests of the characters within the story. I know what you are thinking, you are probably thinking that these stories could be similar to a film, but the meaning of time is, in this case, more like a photograph, as opposed to a film as with Moravia. I would say that any image within my stories is more like a still picture rather than an action. The visual impression is a description of single details that can compose the story only if you put all of these single precise captured moments, always with strong detail and never a simple outline. This is why I don’t like to use too many adjectives and I never want the subject in my stories to be left unclear.
In the late 90’s, I wrote a story “A Napoli gli amori sono precoci,” of a young Napolitan “scugnizzo” (thief) who falls in love with the movements and gestures of his friend’s hands and arms while driving on the vespa on one wheel in through the small streets of Naples during while they drove around steeling women’s purses. He falls in love, not with a part of the body, but with its movements and gestures. The gestures are very important in this short story, and the description is very precise. Just like a photograph, or a hologram, where the reader can actually see the repetition of the movement and action. For the rest of his life, he continues to internalize the gestures of those who capture him for better or for worse.
Writing permits me to move forwards and backward in time and space. Unfortunately photography is too locked in the present.
giovedì 26 agosto 2010
mercoledì 12 maggio 2010
Clara Peters - interview - part 1&2
Clara Peters
I asked you about your upbringing and how it has influenced your work... and you are telling me that the most important aspects of your youth are your "fat physical condition" and the illness of your father?
In fact, it sounds strange but if I think about it, it is not far from the truth. Because my attitude towards things is constructed by the idea of the body. I would say that I am always inspired by the physical approach to things... I need to be in touch with things before I create works. In this sense, I think that the physical influence of the body conditioned me more than the concepts of say culture, society, or other outside influences.
Have you only worked in photography? Or have you experimented with other art forms?
I worked in theatre when I was about 20, but I didn’t like the sense of loss that one feels and sees in some actors or some directors at the end of a project. I also used to paint, but I don’t think I would have been a good painter…as I’ve already told you I can’t stand being in a studio. Photography permits you to be outside…to be in open air.
For a long time I wasn’t sure what I was doing, I felt something strange in my behaviour and interests. I was interested in something that was half mind and half body and all of my artworks and projects were influenced by this feeling. I felt like a man divided in two pieces, and photography was a means of reducing this inner dualism. At that time I was unsure of my interests. I remember a work that I did with translucent paper, the same paper used by architects, which I covered in transparent glue. For months I cut 10x12 cm pieces of the paper, until I had cut a great number of pieces. I didn’t understand what I was doing… but one rainy night I was awakened by a noise, not of the rain, but of the paper that with the humidity was changing form. I was really surprised by the capabilities of this paper to catch the humidity and change form, as I then noticed that it also does with the touch of human hands. It seemed as though the paper itself had a sort of psychological sensitivity... After a few months I decided to count the pieces that were on the floor and I counted 8,000 pieces. This was an important discovery because it made me realize how many pieces 8,000 really are. For the first time in my life I realized that we as individuals in society, have lost the sense of singularity and the sense of what quantity really means.
We normally speak too liberally about quantity of deaths in history without truly understanding how much that quantity really is: have you ever counted 200,000 deaths in Dresden? Or 6 million Jews? Or only 3,000 deaths from the Twin Towers? I suggest that you try.
What are your personal interests? Do your interests influence your work?
What do you enjoy most about your work as a photographer? How is it rewarding to you?
Rewards? What do you mean? There are no rewards.
When you decide to do an artistic work you never think about rewards.
You do your work because you can’t do anything else. You spend a lot of money and a lot of time doing something not really useful. I think you feel an inner need to express something that at the beginning you don’t really understand.
In the beginning you probably would like to become a recognized artist and in a few years the dream is lost…but not your need…
Serafino! How dare you use autobiography in your work!