sabato 9 febbraio 2008

01/08 Il cattivo sonno non aiuta





Per un mese ad inseguire rumori: artistico il silenzio

lunedì 4 febbraio 2008

Salutare natica 1




In tre momenti memorabili della sua vita aveva avuto una grossa infiammazione. In tutti quanti i casi era stato un trasferimento, un cambiamento di alloggio a scatenargli, prima, un irresistibile prurito, poi un’infiammazione. Non amava quindi cambiare domicilio, sapeva che quel prurito e poi quel fuoco potevano durargli delle settimane, anche dei mesi, e che pomate e saponi non gli avrebbero risolto il problema. Vuoi che avesse un eczema, vuoi che avesse un fungo, il fatto che fosse il culo ad infiammarsi lo indeboliva più della dermatite stessa e ogni volta gli era diventato come quello di un macaco. Tutti hanno avuto dei pruriti nella vita, pochi, però, devono aver conosciuto l’imbarazzo di avere il sedere trito ad ogni cambio di casa. Ne aveva grande cura, anche lavarlo troppo poteva essere nocivo e soprattutto ai saponi stava attento, a non usarne in grande quantità. Lo asciugava bene, con tovagliette di cotone bianco, come il colore delle mutande, anche quelle bianche. Sapeva che quasi sempre bastava acqua a detergerlo, solo talvolta un sapone leggero, quello che gli aveva prescritto il dermatologo, al quale, non senza un certo imbarazzo, aveva mostrato il suo didietro in più di una occasione. Sapeva bene che se cominciava il prurito, aveva pochi giorni per fermarlo, usando una crema che gli faceva scivolare le chiappe quando camminava: una cosa davvero fastidiosa quell’unto fra le natiche. Questo era il suo quarto trasferimento in due anni, da pochi giorni in una nuova città, per quel lavoro che lo portava a cambiare spesso luogo. Se ne sarebbe stato a casa volentieri, a casa sua, dai suoi, non era neanche sposato. Proprio a lui doveva capitare questo, a lui che odiava ogni spostamento, un lavoro nomade. In questa ultima città, poi, non conosceva nessuno, peggio delle altre volte. Il suo lavoro consisteva in un qualcosa che neanche lui poteva spiegare. In aprile aveva preso in affitto la casa. Quando era arrivato, in primavera, non era né caldo né freddo e non poteva immaginare che quell’abitazione in estate diventava un forno e diventando un forno, tutto il giorno, lo passava negli unici posti di quella calda città dove si poteva respirare: il parco pubblico e il viale che percorreva per andarci. Il viale cominciava proprio da casa sua, tutto alberato, costeggiava un muraglione gigantesco costruito chissà in quale secolo a difesa della città. La sua abitazione era in viale Gozzer. L’aveva scelta proprio per quel nome, che a lui sembrava esotico, sebbene, poco dopo, si era accorto che di Gozzer ce n’erano ancora parecchi. Lui stesso riteneva di avere un cognome “raro”, uno di quelli che finiscono in ...evich, Nel suo paese non conosceva altri con quel cognome. Chissà da chi, emigrante o vagabondo gli era arrivato.
Il caldo lo faceva uscire di casa ogni giorno. Seguendo il viale che scivolava alberato assecondando l’andamento ondulante delle antiche mura, aveva cominciato a riflettere sul suo nome, che, invece, non era certo originale. Non ci aveva mai veramente prestato attenzione in trenta anni di vita, ma il suo nome era proprio banale se confrontato con il cognome che suonava poco italico. Pensava che in questo momento un cognome slavo non fosse proprio popolare, con una mezza dozzina di criminali di guerra balcanici con la stessa “desinenza”. Fortuna che il suo aspetto curato, il suo perfetto italiano del sud e i suoi modi gentili, non lo avrebbero fatto mai prendere per un emigrante “dell’ultimora”, e quel nome, forse banale, ma così italiano, era una garanzia ulteriore in quel nuovo posto, dove la gente sembrava gentile, a tratti generosa, ma anche sospettosa.
“Mario” gli era apparso improvvisamente un nome “inutile” proprio camminando sotto il muraglione, dove vi erano scritte per un chilometro. Era fitto fitto di nomi, di intere, frasi indirizzate forse a gente della zona. Insulti accanto ai messaggi degli innamorati, in mezzo ad imprecazioni a carattere sportivo o politico alcuni anche di molti anni prima. Doveva però esserci parecchia gente che si amava in quel chilometro. “Amore mio, non torniamo mai indietro neanche per prendere la rincorsa”, “Solo baci per te, mai più lacrime”, “6 l’unico per sempre! Orsacchiotto”. Che “Mario” fosse un nome idiota, se ne rese conto il giorno in cui gli apparve all’improvviso una nuova scritta a firma: Giubileo.
Un’illuminazione leggere quelle quattro sillabe. Che nome originale! Avrebbe lui stesso voluto chiamarsi Giubileo ...evich. Giubileo non era un nome qualunque. Se avesse avuto un figlio, gli sarebbe piaciuto chiamarlo così.

1 continua